Questo sotterraneo si trova nella contrada omonima, tra la città moderna e la chiesa di S. Nicola.

Si raggiunge percorrendo un viottolo che si trova a lato della S.S. che porta a S. Nicola e vi si può accedere da uno scasso praticato nella strada da alcuni operai nel 1933.

Si tratta di una cavità-cisterna scavata nella roccia, a pianta quadrata con lati di dimensione variabile tra i 17 m ed i 19 m e dalla superficie di m2 400 (m 20x20).

La cavità ha la volta a soffitto, sostenuta da quarantanove pilastri, sette per ogni lato, a sezione quadra, aventi dimensioni di m 0,80x0,80. Si può notare che, di recente, alcuni di questi sono stati consolidati con mattoni pressati e l’ambiente è stato rinsaldato anche grazie alla costruzione di un nuovo supporto in mattoni, con la pianta ad arco.

Tra l’uno e l’altro di questi sostegni, che hanno la funzione di sorreggere e di puntellare la roccia dell’antro, si sono formati dei corridoi larghi m1,80.

La struttura mostra rilevanti tracce di rivestimento in “intonaco cementizio” sulle pareti, sulla volta, sul fondo e sui pilastri e sotto questo strato se ne può individuare un altro, costituito da sostanze cementanti miste a “cocci laterizi rossi triturati”.

Si tratta quindi di un intonaco idraulico, avente la funzione di impermeabilizzare la pietra arenaria della quale sono costituite le pareti ed i pilastri del vasto vano.

La cavità aveva probabilmente funzione di serbatoio: constava, infatti, di un meccanismo di scarico, grazie al quale veniva assicurato e regolato lo scolo delle acque, per evitare l’eccessiva pressione idrica sulle pareti della cisterna e per mantenere costante il livello del liquido.

Due cunicoli, alti m1 e larghi m0,75, si aprono nella parete orientale di quest’ambiente di forma quadrata: essi hanno il letto più ribassato rispetto alla cavità-cisterna e sfociano all’aperto.

Poco lontano da questi condotti, se ne individua un altro, nello spigolo sud-orientale, che si sviluppa lungo la direzione 259° N, dirigendosi verso il vicino vallone Giacatello dove sfocia, dopo avere percorso un tratto di m8. Esso si esplora con difficoltà poiché è parzialmente ostruito da abbondante materiale di riporto, così come lo è pure un’altra galleria, alta m 1, 90 e larga m 0,95, che si trova tra il muro settentrionale e la parete occidentale della cisterna e che è anch’essa rivestita di intonaco cementizio, limitatamente al tratto iniziale (per i primi 10 m).

Quest’ultimo cunicolo è alto m 1,90 e largo m 0,95 ed è contraddistinto dalla presenza di importanti e vistose concrezioni nelle pareti, chiaro segnale dello scorrere continuo ed assiduo dell’acqua. Esso si sviluppa verso nord, poi, a m 5, devia di 140° continuando verso nord-ovest; infine, dopo un percorso di m 6, 25, il condotto non è più agibile per la presenza di occlusioni.

In questi ultimi tratti, il cunicolo presenta le medesime caratteristiche degli altri ipogei di Agrigento: incavatura longitudinale, incavi alle pareti recanti tracce di fumo, cunetta nel fondo.

Vi era quindi un sistema che, mediante questi cunicoli, garantiva un “prescolo periodico e regolato”. Nello spazioso ambiente dell’ipogeo Giacatello affluiscono infatti le acque dei cunicoli provenienti da NO.

All’interno della cavità-serbatoio, si notano delle aperture subcircolari o subrettangolari che presumibilmente erano state praticate per rendere possibile la comunicazione tra l’interno e l’esterno della struttura.

La struttura si trova, complessivamente, in buono stato di conservazione, anche se è ingombra da pietre, fango e sterpi che, assieme all’acqua piovana, cadono da aperture presenti in alto.

Nei pressi di questa struttura ipogeica, si trovano altresì tracce di un mulino che da P.Griffo è stato datato all’epoca romana e ha portato lo studioso a formulare l’ipotesi che la cisterna-serbatoio fosse stata riutilizzata dai Romani come magazzino per il grano.