Cavità dell’isola di Linosa

 
L’isola di Linosa rappresenta un gioiello della natura, ricca di fascino e di aneddoti che solo un contesto geografico così piccolo ed “isolato” può annoverare. La più piccola delle Pelagie è caratterizzata da peculiarità che la rendono particolare ed interessante ad un turismo che non è, e non sarà mai, di massa: l’impossibilità per i non residenti a potere sbarcare con le auto durante i mesi estivi rappresenta un ulteriore deterrente per i grossi movimenti turistici che l’isola non potrebbe comunque sostenere. Linosa, di natura vulcanica, presenta una estensione di 5,4 chilometri quadrati ed è abitata da una popolazione di 450 unità. Il paesaggio geologico dell’isola si presenta accattivante ed interessantissimo: le passeggiate sul Monte Nero, sul Monte Rosso o sul Monte Vulcano permettono di potere ammirare le bellezze e le morfologie tipiche di un contesto vulcanico abbastanza articolato. Geologicamente Linosa è costituita da tufi, ceneri e colate basaltiche risalenti a circa un milione di anni fa; i primi edifici vulcanici formatisi sono quelli relativi alle località di “Pozzo Salito” e di “Fossa Cappellano”, cono vulcanico presente a nord-est dell’abitato e caratterizzato dal taglio dalla strada che permette il periplo parziale dell’isola. Si sono poi succeduti altri fenomeni vulcanici che hanno determinato la formazione delle altre alture, fra le quali svetta Monte Vulcano (q. 195 m s.l.m.) e Monte Rosso (q. 187 m s.l.m.); gli ultimi episodi della storia eruttiva di Linosa sono invece rappresentati dai campi lavici di contrada “Arena Bianca” e dagli “Scogli di Ponente”. La salvaguardia della natura presente sull’isola, che è sede di una delle riserve naturali della Regione Siciliana in affidamento all’Azienda Foreste Demaniali della Provincia di Agrigento, è possibile grazie al sempre maggiore coinvolgimento degli abitanti che ha determinato una crescente sensibilità della popolazione locale.
La bellezza dell’isola è anche dettata dalle colorazioni dei suoi paesaggi: il nero dei basalti modellati dall’acqua e dal vento contrasta con il rosso delle ceneri vulcaniche e con il verde della vegetazione che, proprio per la fertilità dei suoli, colpisce per la sua rigogliosità. Il più bel contrasto di luci e colori lo si può ammirare alla Pozzolana di Ponente, alta falesia a ridosso di Monte Nero che, associando colorazioni diverse, fa assumere a questa zona un fascino difficilmente descrivibile. Ad un patrimonio quale quello sopra descritto, facilmente visibile perché di soprasuolo, occorre aggiungerne un ulteriore, più difficilmente raggiungibile dall’occhio umano e di cui fino a questo momento non si avevano delle notizie precise e sistematiche: il patrimonio speleologico. Interessanti cavità, sia naturali che artificiali, sono dislocate soprattutto nella aree a ridosso del Monte Vulcano, Monte Bandiera e Contrada Mannarazza: sono state rilevate circa cinquanta cisterne per l’accumulo idrico (cavità artificiali) e cinque cavità vulcaniche di scorrimento lavico: due di queste, ubicate su Monte Vulcano a poca distanza dalla ex vedetta, si sono rivelate di notevole interesse speleologico in quanto caratterizzate da dimensioni notevoli, con uno sviluppo planimetrico totale di circa duecento metri. Ambedue le grotte presenti su Monte Vulcano sono accessibili attraverso dei pozzi verticali, il più profondo dei quali risulta essere di poco superiore ai dieci metri di dislivello. La genesi di tali cavità è dovuta al fatto che la lava scorre più rapidamente nella parte centrale della colata, più lentamente ai margini dove si raffredda e si solidifica.
In seguito al raffreddamento la parte superficiale della colata tende a solidificarsi formando un involucro mentre la parte interna continua a fluire come in un tubo. Col cessare del flusso lavico il tubo può svuotarsi del tutto o in parte per un tratto più o meno lungo. Si forma così una “galleria di scorrimento”, cavità a sviluppo prevalentemente orizzontale con pendenza verso il lato valle del vulcano. Spesso le pareti e la volta della galleria di scorrimento mostrano una superficie levigata e vetrosa con delle formazioni che ricordano le stalattiti delle grotte carsiche. Questo aspetto è attribuito ad un fenomeno di rifusione delle superfici che si verifica quando per un certo periodo di tempo la lava scorre nella galleria occupando solo una parte della sezione. In queste condizioni i gas che si sprigionano dalla lava danno luogo a reazioni chimiche nell'interno della galleria che provocano un innalzamento della temperatura tale da rendere fluido un sottile strato della parete o della volta fino a provocarne il gocciolamento.